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Reati tributari: i limiti al sequestro dei beni del manager

25-05-2016 16:05 - News
In tema di illeciti tributari, al fine di ritenere legittima l´aggressione del patrimonio del legale rappresentante, occorre accertare l´effettiva, concreta e circostanziata impossibilità di procedere al sequestro dei beni della società beneficiata dall´evasione fiscale. Così si è espressa la Corte di Cassazione nella sentenza del 12 aprile 2016, n. 15099.
Nella fattispecie all´esame della Suprema Corte, un indagato per il reato di cui all´art. 10 ter, d.lgs. n. 74 del 2000, ha impugnato l´ordinanza emessa dal Tribunale del riesame di Napoli che ha confermato il decreto di sequestro preventivo per equivalente, avente ad oggetto la somma di Euro 2.094.388 o di beni di valore equivalente nella sua disponibilità.

In particolare, i giudici del riesame hanno affermato che l´onere di previa escussione del patrimonio societario non incombe sulla giurisdizione nel corso del procedimento penale, potendo l´organo che procede all´accertamento del fatto-reato aggredire, ai fini della successiva confisca, qualsiasi bene riconducibile al responsabile persona fisica delle condotte contestate.
Per il ricorrente, invece, applicando l´autorevole insegnamento delle Sezioni Unite Gubert, il sequestro a carico dell´amministratore sarebbe stato ipotizzabile solo all´esito del concreto, specifico e documentato controllo della sussistenza dei beni presso la società.

La Corte di Cassazione, nell´accogliere il ricorso, chiarisce che in tema di reati tributari commessi dai legali rappresentanti della persona giuridica, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente del profitto può essere disposto sui beni personali degli amministratori solo nell´ipotesi in cui il profitto o i beni ad esso direttamente riconducibili non siano più nella disponibilità della persona giuridica.

La pronuncia della Corte si segnala in quanto ribadisce in materia un importante principio di carattere sostanziale, già affermato non solo dalle Sezioni Unite Gubert, ma anche dalla giurisprudenza successiva (Sez. 3 Cass. n. 30486 del 28/05/2015).

Infatti, gli Ermellini, nella pronuncia in esame, pur ribadendo che incombe, esclusivamente, sul soggetto destinatario del provvedimento cautelare l´onere di dimostrare la sussistenza dei presupposti per disporre il sequestro in forma diretta, sottolineano la necessità, al fine di dar corso al sequestro per equivalente sui beni dell´amministratore, di una valutazione allo stato degli atti in ordine alle risultanze relative al patrimonio dell´ente che ha tratto vantaggio dalla commissione del reato.

Dunque, in definitiva, per la legittimità del sequestro preventivo nella forma per "equivalente", invece che in quella "diretta", secondo la Suprema Corte non occorre il compimento di specifici ed ulteriori accertamenti preliminari per rinvenire il prezzo o il profitto nelle casse della società o per ricercare in forma generalizzata i beni che ne costituiscono la trasformazione, ponendosi come necessaria, piuttosto, una valutazione allo stato degli atti in ordine all´effettiva, concreta e circostanziata impossibilità di procedere al sequestro dei beni della società beneficiata dall´evasione fiscale.

Con il provvedimento in esame i Giudici di Piazza Cavour colgono l´occasione, anche, per ribadire un altro importante principio in materia di sequestro e pignoramento di trattamenti retributivi, pensionistici ed assistenziali.

Infatti, nel caso in questione, essendo stato eseguito il sequestro anche sul libretto postale acceso dall´indagato con l´esclusivo fine di riscuotere la pensione erogata dall´INPS, il ricorrente ha eccepito l´illegittimità dello stesso, atteso che la somma esistente sul predetto libretto postale non sarebbe sequestrabile se non nei limiti del quinto del relativo importo.

A tal proposito, sulla scorta di un orientamento oramai consolidato ( Sez. 2, Cass. n. 12541 del 17 marzo 2014; Sez. 1, Cass. n. 41905 del 23 settembre 2009; Sez. 6, Cass. n. 25168 del 16 aprile 2008; Sez. 2, Cass. n. 15795 del 10/02/2015), la Corte, con la sentenza in commento, ha rilevato che il divieto di sequestro e pignoramento di trattamenti retributivi, pensionistici ed assistenziali in misura eccedente un quinto del loro importo al netto delle ritenute, costituisce regola generale dell´ordinamento processuale, stante la riconducibilità dei predetti trattamenti (nella misura di 4/5 del loro importo netto) all´area dei diritti inalienabili della persona tutelati dall´art. 2 Cost.

(Altalex, 27 aprile 2016. Nota di Antonietta Cetrancolo)

Fonte: Altalex

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